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Siamo in una delle zone di più antica tradizione di produzioni di vini di eccellenza in Toscana e sicuramente la zona più alta e più fresca dal punto di vista climatico.
La produzione di vini di alta qualità era così consolidata in questi territori da essere inclusa nel bando di Cosimo III de’ Medici che nel 1716 avvertì la necessità di proteggere i prodotti vinicoli toscani provenienti dal Chianti, Pomino, Carmignano e appunto Valdarno di Sopra, dalle contraffazioni.
Nel corso del XIX e XX secolo i vini prodotti nella zona della Sieve erano stati progressivamente accomunati al nome Chianti, inizialmente in maniera generica, in ultimo con la specificazione della sottozona Rufina. La stessa cosa era avvenuta per il Carmignano, risorto col proprio nome solo negli anni ’60 e per il Valdarno di Sopra dove si preferiva contraddistinguere i prodotti sotto la dizione Chianti Colli Aretini.
La zona di produzione ricade nella parte nord orientale della Toscana e comprende un territorio pedemontano situato sul medio versante della Valle della Sieve, in una zona di alta collina e di bassa e media montagna. Si tratta di una realtà ambientale e produttiva unica in Toscana, dove lo specifico microcosmo ecologico e climatico rende possibile il perfetto equilibrio tra vigneti, boschi di abeti, castagneti ed oliveti. I terreni sono principalmente arenacei e marnosi presentando quindi un prevalente tenore siliceo e micaceo con poca argilla, con importante presenza di scheletro nella parte più alta. Le coltivazioni arrivano fino ai 750 metri, e il clima della fascia produttiva, pur rientrando per buona parte dell’anno nell’area di influenza del clima temperato e freddo, risente soprattutto in estate di quello mediterraneo che ne condiziona in maniera determinante la fase finale del ciclo vegetativo, permettendo di raggiungere un ottimale grado di maturazione delle uve. L’andamento delle temperature è caratterizzato da forti escursioni, con estati calde e inverni rigidi.
Occorre precisare subito che cosa si intende per territorio del Pomino. Confrontando i confini dei territori indicati nel Bando con quelli delle DOC attuali si può concludere che il Pomino granducale costituiva gran parte dell’attuale Rufina e Pomino.
Per il Chianti Rufina la base ampelografia prevede il Sangiovese da 70 a 100% e tra le altre uve ammesse quelle a bacca bianca non possono superare il 10%, mentre Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon non possono superare il 15%. Il vino non può essere immesso al consumo prima del 1° settembre dell’anno successivo alla vendemmia. La menzione riserva prevede un invecchiamento minimo di 2 anni, di cui sei mesi in fusti di legno.
La DOC Pomino risente invece del carattere particolare impresso alla viticoltura della metà dell’800 da Vittorio degli Albizi, di nobile famiglia fiorentina ma nato ad Auxerre e vissuto per anni in Francia. Il suo contributo consiste nell’introduzione in zona dei vitigni francesi Chardonnay, Pinot bianco, Pinot grigio e Cabernet, sia Sauvignon che Franc, poi Merlot, Malbec, Pinot nero e Syrah. L’attuale disciplinare prevede un Pomino Bianco (anche riserva e vendemmia tardiva) a base di Pinot bianco, Pinot grigio e Chardonnay, un Pomino Vin Santo, nel quale è presente, oltre alle uve del bianco, anche il Trebbiano, un Pomino Rosso (anche riserva, vendemmia tardiva e Vin Santo Occhio di Pernice con Sangiovese (minimo 50%), Pinot nero e Merlot. Vi sono poi il Pomino Chardonnay, il Pomino Sauvignon, il Pomino Pinot Nero e il Pomino Merlot (minimo 85% delle uve di riferimento). Esiste anche un Pomino Spumante bianco o rosato a base di Chardonnay, Pinot bianco e Pinot nero.
I vini prodotti sono: